“quando sei malato, scopri prima di tutto cosa
hai fatto per diventarlo” (Ippocrate). Se è vero che Ippocrate è
riconosciuto come il primo vero medico della storia, e padre della
medicina moderna (quella occidentale perlomeno), credo sia un obbligo di
fatto, oltre che morale, cercare di comprendere perché qualcosa non sta
funzionando a dovere nel nostro stato di salute. Concentrarsi sempre e
solamente su gli effetti che un certo malessere ci sta creando, non fa
altro che allontanarci sempre più dalla verità, e dal reale messaggio che
quel malessere ci vuole significare.
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Abbiamo sempre una gran premura di sedare il più
piccolo fastidio, di lenire il dolore immediatamente, non siamo in grado
di tollerare il benchè minimo disagio, ma in realtà, così operando, è come
chiudessimo la bocca a chi sta cercando di avvertirci di un imminente
pericolo. E’ semplicemente insensato. Spesso, le cause di un
malessere sono solo una cosa temporanea, e stimolano nell’organismo una
reazione che di lì a poco si risolverebbe automaticamente, e senza
ulteriori risvolti. Ma l’abitudine, trasmessaci dal genitore, e che ora
riversiamo tale e quale sui figli, ci condiziona a voler porre rimedio
subito, ricorrendo il più delle volte ad una medicina.
L’uso improprio ed eccessivo di farmaci si
riflette poi su una progressiva intossicazione del fegato, il quale ha,
tra i vari compiti, anche quello di disinnescare e smaltire le sostanze
chimiche di cui spesso un farmaco è composto.
Se fosse un episodio occasionale non sarebbe un problema, ma presto lo
diventa, quando il ricorso a preparazioni medicinali si fa frequente, e
nella escalation l’organismo si avvita su se stesso, perdendo sempre di
più la naturale capacità di fronteggiare attacchi dall’esterno. Quando
poi il problema dovesse essere più serio, e desiderassimo risolverlo in
modo efficace e senza strascichi, dovremmo tenere bene a mente che una
triade di fattori interviene a definire il nostro status di malati: il
corpo, la mente, e le emozioni. Queste tre entità interagiscono
continuamente, e solo una valutazione di insieme, soppesando ciascuna per
l’apporto che sta fornendo alla malattia, può permetterci di recuperare un
pieno stato di salute. Qualcosa che inizialmente muove su terreni per
noi poco esplorati e poco comprensibili, come la nostra mente e il nostro
sentimento, può anticipare ad un occhio ed un orecchio più sensibili, ciò
che in prospettiva potrà accadere nel corpo fisico. E’ una interpretazione
che indubbiamente si lega ad una visione di tipo energetico, condivisa in
molte culture d’oriente, ma ancora piuttosto ostica al nostro pensiero
occidentale, intriso di speculazioni matematiche e di test condotti su
cavie di laboratorio. Ma la chiave risolutiva è proprio lì. La
riprova è che le malattie sono spesso recidivanti, un aspetto decisamente
sottovalutato, e che ne spiega fino in fondo una origine non completamente
compresa. L’affanno nella ricerca di soluzioni immediate e poco
rispettose della nostra natura dovrebbe lasciare posto ad una maggiore
capacità di ascolto, ad un desiderio di acuire la nostra sensibilità,
accettando pienamente il significato della malattia come messaggio del
corpo, che ci invita a modificare le nostre abitudini e a correggere le
nostre scelte. LIBERO DAL MALESSERE, LIBERA LA MIA VITA
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