Conosciamo la batteria della bici elettricaPer comprendere
meglio la batteria utilizzata sulle bici elettriche a pedalata assistita
impariamo anzitutto a leggerne i parametri vitali: la tensione e la
capacità. La tensione, indicata in volt, corrisponde alla differenza
di potenziale che si crea tra i due poli (anodo e catodo) della batteria.
Per le batterie impiegate sulle bici elettriche si tratta normalmente di
24-36 volt. La capacità, indicata in ampere/ora (Ah) ci dice quanto
tempo impiega un certo carico (ad esempio un motore), a scaricare la
batteria. Per ipotesi una batteria da 12 Ah può essere scaricata
applicando una utenza da 12 ah, per un periodo di tempo di un'ora.
Questo è comunque solo un modo per capire il funzionamento della batteria,
poichè, in realtà, non dovremmo chiedere alla batteria di fornirci con
continuità una corrente superiore al 10-20 % della propria capacità.
Correnti elevate possono comunque essere richieste per tempi brevissimi
(qualche secondo). E' la situazione che si verifica ad esempio quando
avviamo da fermi la bici elettrica. In quel momento è richiesta una
elevata corrente di spunto, adatta a mettere in movimento il motore, che
può arrivare per pochi attimi anche a valori di 7-8 volte la corrente di
targa della batteria. Proseguendo con l'esempio, nel caso di una
batteria da 12 Ah, questa potrebbe arrivare a fornire una corrente
istantanea di oltre 90 Ampere. Altra caratteristica di cui tenere
conto nell'approfondire la conoscenza di una batteria è l'autoscarica.
Questa consiste in un abbassamento, nel tempo, del voltaggio e della
capacità di cui dispone la batteria inizialmente, anche se non viene
utilizzata. Il fenomeno diviene molto evidente in 3-4 settimane di non
utilizzo (e quindi assenza di ricarica) della batteria. Una scarica
prolungata può portare alla deformazione degli elementi interni della
batteria, fino alla possibile formazione di un cortocircuito, oppure
all'intervento di circuiti di protezione. In entrambe i casi
l'accumulatore diventerà inutilizzabile. Quindi, per mantenere una
batteria in buono stato, è necessario ricaricarla preventivamente, specie
se non in uso, a cadenza regolare (normalmente si suggerisce di non andare
oltre le 4 settimane tra una ricarica e l'altra).
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La batteria al piombogel
La batteria al piombogel è stata la prima batteria ad essere utilizzata
per alimentare i motori delle bici elettriche. Impiega una tecnologia
tuttora in uso che fa della robustezza e del basso costo i suoi punti di
forza. Il limite è rappresentato dal peso. Con un rapporto peso potenza
poco favorevole, la batteria piombogel va a gravare sul peso della bici
per approssimativamente 12 kg. Inoltre richiede spazi di alloggiamento
piuttosto rilevanti che ne condizionano fortemente la collocazione.
Cionondimeno è ancora molto diffusa, soprattutto nella realizzazione di
bici elettriche a pedalata assistita di costo più contenuto (senza
escludere tuttavia alcune eccezioni di prodotti di alto livello che
prevedono proprio tale tipo di alimentazione). Aggiunge un ulteriore punto
di forza la facile reperibilità e la relativa semplicità di intervento
quando si debbano sostituire gli elementi esauriti. Inoltre tollera
discretamente gli sbalzi di temperatura e la scarica eccessiva. Questa
performance si spiega proprio con la presenza del gel, che tra l'altro
permette anche di collocare le batterie in posizione inclinata, senza il
rischio di fuoriuscita di liquidi e acidi. Il fenomeno di autoscarica è
certamente presente e non va sottovalutato. Nella prima fase del processo
di scarica si assiste ad un leggero deposito sulle piastre interne della
batteria, di solfato di piombo (in forma di cristalli) che, a processo
ultimato, crea su di esse un vero e proprio strato biancastro. Il
fenomeno, in ultimo, diviene evidente anche all'esterno, con il solfato
bianco di piombo che si forma intorno e sopra i terminali di collegamento
della batteria. Anche le scariche parziali, e peggio ancora quando
queste sono ripetute nel tempo, portano allo stesso risultato, in modo più
subdolo, poichè avviene gradualmente e con minore evidenza. |
La batteria agli ioni di litio
La batteria agli ioni di litio, spesso citata anche come Li-Ion, è un
tipo di accumulatore che negli ultimi anni ha trovato sempre maggiore
impiego nel settore della mobilità elettrica, e soprattutto nelle bici
elettriche a pedalata assistita. Gli ioni di litio mostrano di avere una
elevata densità di carica, la più alta tra quelli che si producono
naturalmente, ed è grazie a questa caratteristica che la batteria può
avere un peso contenuto. La diffusione di questo tipo di batteria si
spiega con il rapporto molto favorevole tra peso e potenza (determinante
per la leggerezza complessiva della bici elettrica), l'assenza di effetto
memoria, la lenta perdita della carica quando non è in uso (auto-scarica),
e l'elevato numero di cicli di ricarica possibili. La contropartita è
che la batteria Li-Ion va trattata con cura, e deve essere protetta
adeguatamente. Per la collocazione sulle bici elettriche si richiede che
l'accumulatore agli ioni di litio debba essere infatti alloggiato
all'interno di una scocca metallica sufficientemente robusta, e protetta
elettricamente da una circuitazione elettronica adeguata. La tensione
della batteria, inoltre, non può scendere sotto una certa soglia, pena la
irrecuperabilità della stessa. La auto-scarica è un fenomeno piuttosto
contenuto nella batteria agli ioni di litio e viene stimata tra il 5% e il
10% al mese rispetto alla tensione di carica iniziale. Una buona parte di
tale perdita va comunque riferita al consumo da parte del circuito di
monitoraggio della tensione, collocato proprio all'interno della batteria.
Bisogna anche ricordare che la batteria gli ioni di litio è soggetta ad un
decadimento fisiologico indipendentemente dal numero di cicli di
carica/scarica. Dal momento della sua produzione inizia il conteggio delle
ore di vita previste per questo tipo di batteria. Stagione dopo stagione,
la capacità nominale andrà riducendosi, con percentuali di calo variabili
che possono arrivare fino al 20% annuo, e che risultano molto sensibili
alle condizioni d'uso abituale della batteria. |
Corretto impiego e conservazione della batteria agli ioni di litio
Il costo decisamente elevato di una batteria agli ioni di litio invita
ad osservare con scrupolo le indicazioni per il suo mantenimento ottimale.
La difficoltà di reperimento della materia prima (che in natura si trova
in quantità limitate), la complessità del processo di estrazione, e anche
le condizioni di monopolio nella gestione di tale risorsa da parte di
poche industrie nel mondo, fanno lievitare inesorabilmente i costi.
Tipicamente, le condizioni di lavoro da evitare per una batteria gli
ioni di litio, sono quelle riferibili a temperature elevate in esercizio,
scarsa ventilazione durante la ricarica, e richieste di potenza elevata
per lunghi periodi. Viste le caratteristiche chimico fisiche e la
particolarità costruttiva, in condizioni d'uso particolarmente avverse, la
batteria gli ioni di litio può interrompere bruscamente il suo
funzionamento, senza fornire alcun segnale premonitore del suo prossimo
crollo. In questo caso la batteria diventa inservibile e non è possibile
"rianimarla". Nelle bici elettriche le batterie Li-Ion sono protette
dalla scarica eccessiva da un apposito circuito elettronico che interviene
tagliando l'erogazione di corrente in caso di tensione troppo bassa. Può
quindi capitare di uscire con la bici ritenendo di avere una buona riserva
di energia, e all'improvviso trovarsi senza alimentazione. Sembra che,
inspiegabilmente, la bici si fermi e non ne abbia motivo. In realtà è
appena intervenuto il circuito di protezione che, impedendo un ulteriore
assorbimento, salva la integrità della batteria. Ricordiamo che, se
teniamo la batteria al litio inutilizzata per qualche tempo, e con valori
di carica iniziale già bassi, il rischio di perdere l'efficacia di questa
tutela elettronica è elevato, e la batteria potrebbe con facilità
risultare inservibile. La procedura di ricarica di una batteria agli ioni
di litio utilizza un alimentatore a tensione costante, di caratteristiche
nettamente diverse rispetto ad un caricabatterie destinato ad una batteria
piombogel (evitare assolutamente l'uso di un caricabatterie non
appropriato). Nel processo di ricarica della batteria agli ioni di litio,
la corrente iniziale sale gradualmente fino a portare la batteria alla
tensione nominale prevista, poi la tensione rimane costante con un
progressivo calo della corrente fino ad un certo valore minimo. Conoscendo
a priori quanto tempo sarà necessario per ricaricare a fondo la batteria è
utile utilizzare a monte del caricabatteria un timer, impostato per
staccare l'alimentazione al termine della ricarica. Eviteremo alla
batteria inutili e dannosi stress da sovraccarica. |
Caratteristiche costruttive della batteria agli ioni di litio
Come detto la chimica delle batterie agli ioni di litio richiede
particolare cura nella fase di progettazione e costruzione. Il litio è
intrinsecamente instabile e potenzialmente esplosivo, e viene sempre
abbinato ad un altro metallo che ne modererà questa caratteristica
(cobalto, ferro, manganese). E' fatto obbligo ai costruttori di inserire
all'interno della batteria dispositivi di protezione adeguati. Il momento
critico è soprattutto la carica, con la necessità di evitare la
sovraccarica e il surriscaldamento. Per scongiurare quanlunque rischio in
tal senso viene montato un interrutore termico, il quale interviene
prevenendo il possibile surriscaldamento. Una valvola di sfiato, inoltre,
è in grado di scaricare l'eventuale aumento di pressione interna. Va
detto che, in genere, tali protezioni sono progettate per intervenire una
sola volta, e quando si attivano rendono di conseguenza la batteria non
più utilizzabile. Nella batteria agli ioni di litio l'anodo viene
fatto con carbonio, il catodo viene prodotto con un ossido metallico, e
l'elettrolita è realizzato sciogliendo sale di litio in un solvente
organico.
Condizioni anomale di ricarica potrebbero determinare la formazione di
metallo di litio, molto reattivo e a rischio di esplosioni. Ecco perchè
vengono incorporati dispositivi protettivi e/o fusibili per evitare
fenomeni di inversione accidentale della polarità, sovraccarichi di
tensione, e surriscaldamento. |
La batteria litio polimeriUna evoluzione della batteria
agli ioni di litio è l'accumulatore litio-polimero (anche detto Li-Poly o
LiPo). La differenza sostanziale è che l'elettrolita in sale di litio
viene inserito in un composito di polimero solido e non è disciolto in un
solvente organico. Questo tipo di realizzazione della batteria espone a
rischi inferiori in caso di danneggiamento dell'accumulatore poichè il
polimero solido non è infiammabile. Inoltre non è prevista la
protezione di un guscio di metallo e ciò favorisce un ulteriore
alleggerimento della batteria. Ne consegue anche una maggiore densità
energetica rispetto alle batterie Litio-Ioni classiche, con un
miglioramento di circa il 20%. La corrente di auto-scarica è anche molto
contenuta. Alcuni aspetti sono tuttavia meno favorevoli, come la vita
in termini di cicli carica/scarica, che si riduce approssimativamente del
40%, sempre rispetto alla litio-ioni classica. Vi è poi l'esigenza di
proteggere la batteria da forature del corpo batteria, che esporrebbe
l'accumulatore al rischio di autocombustione. Un film plastico di un certo
spessore è in genere sufficiente a preservare la batteria da tale rischio.
La ricarica va esclusivamente effettuata con caricabatteria specificamente
realizzato per quella applicazione, un possibile cortocircuito produrrebbe
altrimenti una esplosione. Inoltre, sono richiesti controlli elettronici
di coppia per i motori elettrici collegati alla batteria, al fine di
contenere le correnti di scarica che porterebbero al danneggiamento della
batteria. |
La batteria litio ferro fosfato (LiFePo)Un'altra
evoluzione della batteria agli ioni di litio è quella al
litio-ferro-fosfato (LiFePO4), nella quale il catodo è realizzato con
litio-ferro-fosfato. Normalmente gli accumulatori al litio (Li-ion) comuni
impiegano in questa posizione l'ossido di cobalto. Altre possibili
varianti sono quelle litio-ossido di manganese (LiMn2O4) e anche
litio-ossido di nichel (LiNiO2). Possiamo quindi classificare la batteria
sulla base del tipo di materiale utilizzato per realizzare il catodo.
L'anodo viene normalmente realizzato in carbonio. In termini pratici
le batterie LiFePO4, offrono una maggiore resistenza termica, una più
lunga durata, una corrente di picco elevata, e un ridotto impatto
ambientale che deriva dall'uso del ferro. Inoltre nelle batterie LFP il
fenomeno di auto-scarica è relativamente contenuto. Con un impiego intorno
al 90% della capacità nominale, è possibile raggiungere i 2000 cicli di
ricarica. La stabilità della tensione è sempre ottimale anche se la
batteria viene gravata da grossi carichi. Per contro l'energia specifica
di un accumulatore LFP è più bassa rispetto ad un accumulatore LiCoO2, e,
da nuova, va utilizzata con cura evitando di scaricarla oltre il 60%, pena
la compromissione delle prestazioni. LiFePO4 offre maggiori garanzie di
sicurezza anche quando non sono perfettamente rispettate le condizioni
operative (corto-circuito, surriscaldamento, ecc.). |